giovedì 22 novembre 2007

Arancia Meccanica

Anthony Burgess ogni notte mi racconta di Alex e dei suoi drughi. Ogni notte mi racconta delle loro avventure, della droga, dell’alcool, delle puttane, dei soldi, del sangue. Ogni notte mi racconta di questa sua società di merda dove il povero migno martino Alex è costretto a campare in modo miserando, seguendo un'unica filosofia di vita: Mangia per non essere mangiato. Ogni notte mi racconta di quando Alex era piccolo e il mondo era ancora in pace e Alex era felice. Ogni notte mi racconta di Alex da adolescente, da ragazzo, e lo vedo la, in un angolo buio, di una periferia buia, in una notte buia a piangere mentre tossisce e sanguina, mentre la siringa è ancora nel braccio e il silenzioso sibilo della fine è più vicino e Beethoven da il meglio di se.
Poi una notte tutto cambia. Capisco che ALex vuole parlarmi, vuole farmi capire. Lui sa che io la vivo come lui. Lui sa che mi scontro con questa vita tutti i giorni, e che tutti i giorni combatto, e non mi fermo. Così Alex , che sta piangendo, lo fa spesso ormai e ha solo diciotto anni, mi parla della sua vita . Forse stava diventando troppo vecchio per quel tipo di seigiorni che stava facendo. Ormai aveva diciotto anni compiuti. A diciotto anni non si è più tanto giovani. A diciotto anni Wolfgang Amadeus aveva già scritto concerti e sinfonie e opere e oratori e tutta quella sguana,no, non sguana, musica celestiale. E poi c’era il vecchio Felix M. con la sua Overture a Sogno di una notte di mezza estate, e poi tutti gli altri. Parlava confuso il giovane ragazzo triste Alex e non sapeva forse, forse non sapeva niente della felicità che aveva captato solo qualche volta attraverso le note di Beethoven e Wolfgang Amadeus. Ma poi ho capito. Si, si, si proprio così. La giovinezza deve andarsene, oh si. Ma la giovinezza è un po come essere un animale. No, non proprio come un animale ma come uno di quei migni giocattoli che vendono per le strade, tipo dei piccoli martini fatti di latta e con una molla dentro e una chiavetta fuori e tu lo carichi trrrr trrr trrrr e quello pistona via, tipo camminando, o fratelli miei. Ma cammina in linea retta e va a sbattere contro le cose, sbam, e non può farne a meno. Essere giovani è come essere una di queste migne macchinette.
Ogni notte ci penso a quello che il vecchio Alex mi ha detto quella volta piangendo e ogni notte capisco questo: Non siamo vivi per caso, non cresciamo per caso. Quella forza che non crediamo di avere dentro per andare avanti c’è. Ma non basta. Serve anche la forza degli altri, la loro linfa, la loro speranza. E ognuno prende dall’altro ciò di cui ha bisogno. Sicurezza, determinazione, calma, serenità. E tutto questo, tutto questo confuso scambio di sensazioni, emozioni e speranze non è qualcosa di negativo perché nessun uomo può sopravvivere da solo con le sue forze, perché non bastano. Questa forza, proprio quella che al giovane Alex mancava che cercava disperatamente nelle droghe e nelle puttane è l’amore. E adesso, in questo momento preciso mi rendo conto che tutti ne abbiamo dannatamente bisogno, ma che allo stesso tempo siamo cosi fottutamente stupidi da non accorgerci che è li, a un soffio da noi. E questa forza, la più forte che c’è è nelle altre persone, non in noi ,e quindi per poterla sentire dobbiamo essere uniti e non divisi, dobbiamo volerlo veramente, se no questo mondo di merda va a rotoli.

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